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LE CHIESE DI VAGLIO SOGGETTE A NAZARETH

Dopo le prime due crociate (1) , quando il 2 ottobre 1187 il sultano d'Egitto Saladino occupò Gerusalemme e il suo Stato, gli arcivescovi di Nazareth in Galilea si rifugiarono in Italia, a Barletta, dove sin dagli inizi del XII secolo era stata costruita, nel borgo di Sant'Antonio, la chiesa di Santa Maria di Nazareth, loro principale dipendenza.
In quella città, ben difesa e base sicura per le spedizioni e i viaggi in Terra Santa, è probabile che gli arcivescovi titolari siano stati ben oltre il 1229, anno in cui la sesta crociata, intrapresa da Federico II, si concluse (2) .
Fu il pontefice Alessandro IV (1254-1261) a concedere loro di risiedere a San Giovanni d'Acri, l'antica Tolemaide. La Chiesa di Santa Maria di Nazareth a Barletta venne gestita in quel periodo da alcuni rettori, tra i quali quel frate Adamo che nel 1257 cercò di versare, senza riuscirvi, all'arcivescovo di Acerenza, Anselmo (1252-1267), che si trovava a Trani "pro quibusdam regiis servitiis", la somma di sei soldi dovuti a Nazareth quale censo da parte della chiesa di Santa Maria de Ursana, sita nel territorio di Cancellara (3) .
Fu il papa Clemente IV (1265-1268) a concedere agli arcivescovi di Nazareth l'uso liturgico del pallio e della Croce.
Caduta S. Giovanni d'Acri in mano ai Turchi nel 1291, gli arcivescovi dovettero risiedere a Cipro prima di stabilirsi in Italia nella chiesa "extra moenia Bardoli" (Barletta) di Santa Maria di Nazareth.
Nel 1324 è ancora il rettore della chiesa di Barletta a dover versare alla curia pontificia di Avignone tre once "pro bonis quae habet in diocesi et provincia acheruntina" (4) , anche se durante il pontificato di Giovanni XXII (1316-1334) gli arcivescovi di Nazareth si stabilirono definitivamente a Barletta con piena giurisdizione episcopale sulla città, mantenendo i diritti e i privilegi sulle chiese e sui beni soggetti in Italia. La cronotassi degli arcivescovi di Nazareth a Barletta data, infatti, a partire dal 1327 (5) .
Alla nomina degli arcivescovi Ivo e Pietro, entrambi appartenenti all'Ordine dei Predicatori (Domenicani) seguì quella di Durando dell'Ordine del Carmelo (Carmelitani) e poi di Riccardo (8 dicembre 1348-gennaio 1366) appartenente all'Ordine dei Frati Minori (Francescani) il quale nel 1362 nominò Tommaso, arciprete della Padula, amministratore dei beni che la chiesa di Nazareth possedeva a Oppido, Padula, Potenza e Vaglio (6) .
La chiesa di Santa Maria de Ursana, ricadente nel territorio di Cancellara, doveva appartenere già, a quella data, alla terra Balii (attuale Vaglio di Basilicata) dal momento che Cancellara non risulta più fra le terre con beni affidati a quell'amministratore.
Subito dopo l'elezione al soglio pontificio di Callisto III (1455-1458), il vescovo di Canne, Iacopo de Aurilia, venne nominato arcivescovo di Nazareth (11 luglio 1455-1491) e quella diocesi venne unita, nel 1455, alla sede di Barletta (7) . Nel 1456 fu quell'arcivescovo a mettere in possesso il suddiacono Battista de Mercurio de Corneto della chiesa di Santa Maria de Ursana, compresa fra le pertinenze della terra Balii e a relazionare sulla dissipazione dei beni e delle rendite ereditate a Potenza (8) .
Alla data di unificazione della diocesi di Canne con quella di Barletta i beni soggetti alla giurisdizione dell'arcivescovo di Nazareth, si estendevano in terre e città ricadenti in diverse diocesi e arcidiocesi pugliesi, campane, calabre e lucane. Da ciò si possono evincere sia il grado di coinvolgimento della struttura ecclesiastica e laicale a sostegno dell'arcidiocesi di Nazareth che le politiche e le alleanze temporali portate avanti nel tempo dalla Cattedra di Pietro contro la ricorrente minaccia musulmana.
Al 1455 il quadro dei beni soggetti alla mensa di Nazareth, censito all'interno di una stimolante ricerca sui possedimenti delle chiese di Terra Santa nel Sud (9) , documenta una loro diffusa presenza in Basilicata (Acerenza, Cancellara, Forenza, Marsico, Oppido, Potenza, Saponara, Tricarico, Tolve, Vaglio) rispetto alla attuale Campania (Napoli, Padula, Policastro, Tortorella), alla Puglia (Andria, Barletta, Brindisi, Mesagne) e alla Calabria (Borrello), pur se ne ignoriamo ancora la loro consistenza e specificità.
A distanza di quasi ottanta anni il papa Paolo III (1534-1549), nel confermare Canne e Barletta agli arcivescovi di Nazareth, unì a quella sede, nel 1536, anche la diocesi di Monteverde (Avellino) il cui vescovo, il barlettano Geronimo de Caro, venne trasferito nella sua città natale e nominato arcivescovo di Nazareth (novembre 1536-16 febbraio 1552). In tal modo il patrimonio di quella diocesi "intercisa" venne incrementato ulteriormente e la sua giurisdizione si estese su altri beni, chiese e grancie soggetti, tra cui la grancia Nazarena nella terra di Albano della diocesi di Tricarico e le grancie di S. Maria de Nazareth e S. Maria de Rossano in fittanza nel 1543 (10) . Per ritornare alle vicende di Basilicata e in modo particolare alle chiese di Vaglio soggette a Nazareth, occorrerà richiamare la visita pastorale in terra Balij (dal 29 maggio al 1 giugno 1544) dell'arcivescovo di Acerenza e Matera, Giovanni Michele Saraceno (1531-1556). Nel corso di quella visita l'arcivescovo affidò all'abate Sebastiano Boncore l'incarico di visitare le ulteriori cappelle e chiese "extra moenia". Tra queste, la chiesa di San Donato che aveva "quinques Altaria" e "quasdam Imagines sanctorum parietibus depictas". Nella stessa chiesa, in "una alaria versus meridiem", vi era la cappella "sub vocabulo Sanctae Mariae de Nazaret". La chiesa di San Donato, "bene accomodata", non aveva introiti provenienti da quella mensa arcivescovile (11). Nel territorio di Vaglio sono documentate, dunque, sia la Chiesa di Santa Maria de Ursana (Rossano) sia la Cappella di Santa Maria di Nazareth, esistente all'interno della Chiesa di San Donato.
La chiesa attuale, ubicata nel centro cittadino di Vaglio di Basilicata, unifica ancora all'interno la Chiesa di San Donato e la Cappella di Santa Maria di Nazareth, con le rispettive absidi e pareti affrescate. Un'epigrafe murata sulla parete destra dell'arco divisorio interno ricorda i lavori di ristrutturazione e di abbellimento fatti eseguire nel 1553 dai "venerabiles confratres sant(a)e mari(a)e nazaren(a)e" (12 ) quando arcivescovo di Narareth era lo spagnolo Bernardino de Figueroa (dal 1 marzo 1553 al 26 novembre 1571), già canonico di Granada.
A seguito della "ingiuria della guerra", la chiesa metropolita di Santa Maria di Nazareth a Barletta "restò rovinata da' fondamenti". Tra il 1562 e il 1568 in Basilicata, a Saponara, vennero raccolti dei fondi per Nazareth dall'arciprete Bernardino Giliberto, vicario generale della diocesi Marsiciensis e dei procuratori furono nominati per raccogliere le entrate dei beni soggetti in altre aree, tra cui quella di Vaglio (13) . Intanto il pontefice Pio V (1566-1572), con bolla del 29 aprile 1566, concesse alle tre diocesi riunite, in cambio dell'antica basilica di Santa Maria, la chiesa di San Bartolomeo (14) , sita all'interno della città.
Prima di soffermarci sul patrimonio artistico religioso conservato nelle chiese di Vaglio soggette a Nazareth e di continuare a delinearne le vicende storiche, riteniamo opportuno richiamare l'attenzione degli studiosi e dei ricercatori sull'importanza di proseguire le ricerche sui beni soggetti a Nazareth in Basilicata e nelle altre regioni del Sud, in grado di illuminare sia le vicende gestionali interne alla struttura ecclesiastica sia quelle riferite al succedersi di ordini religiosi e confraternite, a partire dal medioevo e sino all'età moderna.
Preme, in tal senso, segnalare la costante attenzione del pontefice ai beni soggetti o da assoggettare alla mensa di Nazareth come dimostra, ad esempio, la pergamena di papa Gregorio XIII (1572-1585), facente parte dell'Archivio della Chiesa collegiata di Sant'Antonino martire, fondata a Saponara (attuale Grumento Nova) intorno al XII secolo.
Nel gennaio 1582, il papa chiedeva al vescovo di Anglona-Tursi (15) Niccolò Grano (1578-1595) e all'arcidiacono di quella chiesa di dare la propria conferma in relazione alla "concordia intervenuta" tra l'arcivescovo di Nazareth Fabio Mirto Frangipane (dal 5 novembre 1572 al 17 marzo 1587) e l'arciprete, il capitolo e il clero della chiesa collegiata di Saponara per la "grancia di San Giuliano de' Runci" ricadente in quel territorio, ove ciò risultasse "di evidente utilità alla mensa episcopale di Nazareth" (16).
È possibile, in qualche modo, contribuire a delineare la storia religiosa e amministrativa di chiese, grancie e beni soggetti all'arcivescovo di Narareth in un vasto territorio "interciso" anche partendo dalle visite pastorali di vescovi e arcivescovi alle chiese locali, dal momento che ad essi spettava la guida religiosa.
La favorevole congiuntura della parziale riorganizzazione dell'Archivio Diocesano di Acerenza (17) ci ha posti nella condizione di addivenire ad un quadro abbastanza puntuale sulla vita delle chiese di Vaglio soggette a Nazareth, dalla prima metà del sec. XVII agli inizi del sec. XIX, con l'acquisizione di elementi utili alla comprensione delle trasformazioni interne di quegli edifici sacri, alla loro gestione ed alla persistenza del culto alimentato da confraternite e sacerdoti. A distanza di quasi un secolo dalla visita dell'arcivescovo Giovanni Michele Saraceno, nella visita pastorale in terra Balii (10 novembre 1643) dell'arcivescovo acheruntino Simone Carafa Roccella (1638-1647), quell'edificio sacro viene ormai nomato "Ecclesiam sub titulo Sanctae Mariae de Nazareth quae est Ill.mi et Rev. Archiepiscopi de Nazareth" (18) , all'epoca Antonio Severoli (dal 3 ottobre 1639 al 5 febbraio 1665).
L'arcivescovo ordinò di dotare gli altari sprovvisti di "pietre sacre" entro un mese anche usando quelle di altre chiese.
Dalla visita alla stessa chiesa nel 1650 dell'arcivescovo Giovanni Battista Spinola (1648-1665) l'altare "Beatissimae Virginis de Nazareth", pur sprovvisto di pietra sacra, risultava dotato di tutto il necessario per la celebrazione, diversamente dai "tria alia altaria" uno dei quali, "penisque denudatum", venne temporaneamente sospeso. Per gli altri due altari, l'arcivescovo ordinò "non celebrari" se non dopo aver provveduto al necessario "sub poena suspensionis".
Interessanti risultano le ulteriori notizie desumibili da quella visita. Alla chiesa risultava annessa una Confraternita i cui aderenti indossavano "saccos albi coloris"; una porta dava accesso ad "quondam domus" di un incaricato per cui l'arcivescovo dispose "fabricari" entro un mese, "sub poena arbitrijs" (19).
Nel corso delle visite successive del 1655 e del 5 maggio 1659 solo gli altari di Santa Maria di Nazaret e di Santa Maria di Costantinopoli risultavano avere "tolerabilia ad celebrandum", diversamente da quelli di San Donato e di Santa Maria della Mercede (20) .
L'arcivescovo di Acerenza e Matera diede incarico, nel corso della visita a Vaglio del maggio 1659, all'arciprete di Cancellara, don Giuseppe Milo, di visitare anche la chiesa di Santa Maria di Rossano "badia di mons. di Nazareth", le cui condizioni così vennero descritte nella missiva indirizzata allo Spinola il 15 settembre 1659: "tiene bisogno di grandissima reparazione e precisamente il tetto che sta tutto discoperto e va ricoperto in breve, in questo inverno passa pericolo di cascare; di più tutte e due le mura a latere dell'una e dell'altra parte della Tribuna dove stà l'Altare, ha grande bisogno di reparazione, tanto dalla parte di fronte che dalla parte di dentro di detta Chiesa; il pavimento anco è necessario appianarsi; nell'altare poi vi è di bisogno di tutte le suppellettili per celebrare come avante altare, tovaglia, candelieri, Carta di Gloria, Croce et in alcune parti dentro ditta Chiesa le mura tengono bisogno che ci si facci lavorare per essere disfatti, questo e quel pezzo" (21).
Le condizioni della badia di Rossano di Vaglio non erano, dunque, né floride né ottimali, diversamente da quelle della chiesa dedicata a Santa Maria di Nazareth, il cui altare risultò "ornatus" nella visita pastorale del 13 maggio 1662 a Vaglio dello stesso arcivescovo Spinola (22) .
Nella visita pastorale del 3 maggio 1670 dell'arcivescovo acheruntino Vincenzo Lanfranchi (dal 1665 al 1676) all'"Ecclesiam S.tae Mariae de Nazareth, beneficius ad libera collationes, cuius est beneficiatus Ill.mus Archiepiscopus Nazarenus", Francesco Antonio de Luca (7 febbraio 1667-9 aprile 1676), la stessa chiesa disponeva di un reddito "ducatorum viginta vel circa" (23). Il Lanfranchi dispose che il reddito di quel beneficio "in omni casu vacationis nunc pro tunc" fosse applicato e unito "Seminari civitates Materae".
Alla chiesa risultava annessa una "Confraternitas Laicorum" che interveniva alle processioni, fruendo nei giorni festivi della messa celebrata dal Capitolo della Terra di Vaglio. Quanto alla condizione dei quattro altari interni: quello della "B.M.V. de Nazareth" risultava "decenter ornatus" e dotato di "planetae rubiis coloris et albae"; anche quelli di Santa Maria di Costantinopoli e di San Donato erano "competenter ornati", mentre quello "B.M.V. de Mercede" fu trovato carente "ominibus ad celebrationem necessariis", per cui l'arcivescovo ordinò "in illo non celebrari" senza dotarlo "omnibus necessariis quae sint propria ipsius altaris, sub poena suspensionis a Divinis". Nel 1672 fu il vicario generale di quell'arcivescovo, don Fabrizio Maffei (24) , a visitare la chiesa di Nazareth a Vaglio. Disponeva di un reddito "ducatorum viginta vel circa absque onere" con benefizio spettante all'arcivescovo di Nazareth e la sua "Confraternitas laicorum" interveniva alle processioni.
La "Ecclesia S. Maria de Rossano unita Archiepiscopatui de Nazareth", posta a circa quattro chilometri da Vaglio, rischiava invece il crollo e non vi era chi potesse ripararla, per cui, nei decreti della visita pastorale dell'8 maggio 1676, l'arcivescovo Vicenzo Lanfranchi ordinò all'arciprete e vicario foraneo di Vaglio "sub poena suspensionis" di sequestrare "fructus dictae Ecclesiae", esigendoli "usque ad congruam quantitatem" per ripararne la porta (25).
A distanza di venti anni la situazione di quell'edificio sacro doveva essere però disastrosa se l'arcivescovo metropolita, Antonio del Rjos Colminarez (1678-1702), ebbe modo di constatare, nel corso della visita pastorale del 7 aprile 1696, che era "multis reparamentis necessariis indigente". Diede incarico pertanto, al cantore e vicario foraneo di Vaglio, Carlo la Sala, di sequestrare "fructus eius benefici", far pagare "cum facultate colonos sub poena excomunicationis" e far riparare la chiesa di Santa Maria di Rossano dotandola "de omnibus necessariis" per la celebrazione della messa "sub poena arbitrii" (26).
Quando era arcivescovo acheruntino Antonio Maria Brancaccio (1703-1722), il reddito di quella chiesa risultava ancora incorporato alla mensa di Nazareth, come documentato nelle visite pastorali del 30 maggio 1708 e del 4 giugno 1718 a Rossano di Vaglio (27).
Dall'inventario dei beni delle chiese di Vaglio, presentato nel corso della visita pastorale del 24 giugno 1726 dal clero di quella Terra all'arcivescovo Giuseppe Maria Postano (1723-1729), è possibile ricavare una puntuale descrizione della cappella di Santa Maria di Rossano: "...sta nel luogo detto La Macchia, vicino una bellissima fontana. Le mura della cappella stanno attaccate a più casette del romito, deve mantenersi a spese di mons. Di Nazareth, alla di cui rev. Mensa appartiene. Non si sa quando è stata unita a tale mensa. Nell'altare sotto la Tribuna c'è la statua di S. Maria col Bambino, e con una palla in mano, opera di stucco all'antica, custodita in una conveniente cassa, ornata d'icona indorata. Ha il confessionale che serve per li due lunedì di Pasca di Resurrezione e Pentecoste, quando il clero della parrocchia processionalmente suol venire a cantarvi messa, e perché v'è il concorso anche di forestieri" (28).
Emerge con evidenza dal documento che il coinvolgimento e la partecipazione dei coloni affittuari per la riparazione della chiesa di Rossano dovette produrre i suoi effetti tra la fine del Seicento ed il primo quarto del secolo successivo, pur succedendosi alla guida della sede di Nazareth ben cinque arcivescovi nel breve arco di un trentennio (29).
Quanto ad altri beni e grancie che l'arcivescovo di Barletta possedeva in ulteriori paesi della Basilicata, l'arcivescovo di Nazareth Nicola Iorio (3 giugno 1726-novembre 1744) chiese il permesso alla Sacra Congregazione di alienarne alcuni per acquistarne altri più vicini a Barletta. A Pietragalla ad esempio, Francesco Mele, per conto dell'arcivescovo barlettano chiese, nel 1736, all'arcivescovo di Acerenza e Matera, Alfonso Mariconda (1730-1737), di alienare tre orti (30).
Fra le chiese di Vaglio, il vicario don Biagio Antonio Lagala censiva, il 1 febbraio 1739, per conto dell'arcivescovo Francesco Lanfreschi (1738-1754), quella "extra moenia" di Santa Maria di Rossano e quella ormai "infra moenia" di Santa Maria di Nazareth, della quale si interessava la Confraternita del SS. Sacramento e della Pietà che annoverava la presenza di venticinque componenti (31).
Nella visita del vicario alla chiesa di Santa Maria di Rossano (5 maggio 1739) risultò che nei locali annessi alla chiesa abitava un "uxoratum". Gli venne chiesto di esibire il permesso e costui mostrò i "patentales" dell'arcivescovo di Nazareth, sostenendo che a quell'arcivescovo spettava visitare la chiesa a lui soggetta. Le credenziali in suo possesso vennero strappate; gli fu ordinato di andarsene e far venire un nuovo eremita munito di "patentales" dell'arcivescovo di Acerenza e Matera.
Il delegato del vescovo ordinò al vicario foraneo di Vaglio di vigilare affinché nessuno osasse far visita a quella chiesa per conto dell'arcivescovo di Nazareth, sotto pena di carcerazione (32) . Ma vi è da annotare che un "romita" risultava ancora presente nei locali annessi alla chiesa, nel corso della visita a Rossano nel 1750 (33).
Un inventario dei redditi della Cappella di Santa Maria di Nazareth venne redatto durante la visita a Vaglio (dal 21 settembre all'8 ottobre 1755) dell'arcivescovo della diocesi acheruntina, Antonio Ludovico Antinori (1754-1758).
Il 6 ottobre 1755 visitò la Cappella posta sotto il benefizio dell'arcivescovo di Nazareth, Giusto de Marco (20 dicembre 1751-ottobre 1769). Ordinò di estrarre "la pietra sacra" dall'altare e "di coprire la nudità di Gesù Bambino con una veste", disponendo di "collocare nella parte superiore la statua della Beata Vergine" e di porre nell'altare "una base per sostenere la Croce". Comandò anche che la statua della Madonna fosse "colorata nella parte superiore". Quanto all'abside, al cui centro era situata l'ancona con la statua di Santa Maria di Nazareth, bisognava "pulire e imbianchire" e le "immagini dipinte quasi indecenti diluire e imbianchire". Nella cappella vi era, inoltre, un altare con il titolo di Santa Maria di Costantinopoli, di iure patronato dell'Università di Vaglio, per il quale l'arcivescovo nulla dispose. Nel visitare il corpo della chiesa egli prescrisse, invece, di togliere la polvere e che la chiave della porta comunicante con la casa del "fraticello o inserviente" fosse tenuta dal sacerdote che dimorava più vicino alla chiesa, all'epoca il reverendo Giuseppe Amato. L'arcivescovo ordinò anche che la campana appesa "vicino all'altare" fosse rimossa e collocata "nella cima di detta cappella". Altre disposizioni riguardarono i paramenti e il confessionale. Furono temporaneamente interdetti, ove non si fosse provveduto in breve tempo ad ottemperare alle prescrizioni. L'arcivescovo visitò il 7 ottobre 1755 anche la Cappella di Santa Maria di Rossano, dei cui redditi era beneficiario l'arcivescovo di Nazareth. Anche per quell'altare egli ordinò di "estrarre la pietra sacra e spianare la mensa" e di rifare "l'immagine sacra nella sommità dell'icona", di "imbianchire l'intera chiesa e rifare la parete che minaccia rovina, ristrutturando la "parte verso oriente". Sospese il confessionale manchevole di grata interna e di "una immagine sacra dalla parte del penitente" finché non si fosse adempiuto e dispose "di mettere i segnali al messale e di conservare le suppellettili presso i laici". Demandò "tutto alla cura del sacerdote Carlo Antonio Danzi" finché non vi fosse destinato altro ecclesiastico. Dispose si provvedesse entro un anno, trascorso il quale "ipso facto" la cappella sarebbe rimasta interdetta (34).
Dalle visite pastorali del 3 giugno 1759 dell'arcivescovo di Acerenza e Matera, Serafino Filangieri (1759-1762) e del 3 maggio 1768 dell'arcivescovo Nicola Filomarini (1763-1768) ancora un romita, evidentemente munito di nuove credenziali, risulta presente nei locali annessi alla cappella di Santa Maria di Rossano (35) .
Pur all'interno di un quadro ancora frammentario riferito alla gestione delle chiese di Nazareth in Basilicata vale la pena di annotare che l'arcivescovo di Nazareth, Pasquale Maria Mastrilli (20 novembre 1769-novembre 1783), beneficiava nel 1783 di 170 ducati annui provenienti dalla gestione di beni della cappella di Santa Sofia, sita ad Oppido Lucano (36). Il 9 giugno 1812, quando la sede di Nazareth era ormai vacante dal 1801, l'arcivescovo di Acerenza e Matera, Camillo Cattaneo Della Volta (1797-1834), visitò a Vaglio la cappella "detta di Nazaret" e dispose si provvedesse "di tutto con i redditi di detta cappella" (37).
Nel 1818, intanto, la sede arcivescovile di Nazareth venne soppressa, ma il titolo, ripristinato nel 1828, fu dato agli arcivescovi di Trani, i quali tuttora lo detengono (38).
La continuità della vita amministrativa e religiosa del santuario di Santa Maria di Rossano e della cappella di Nazareth venne assicurata, in quel frangente, da esponenti del clero di Vaglio e dall'Università, come risulta dalle relazioni successive dell'arcivescovo acheruntino, Antonio Di Macco (1835-1854), alla Sacra Congregazione del Concilio. Nel 1839 la cappella di Santa Maria, "Vulgo dictae de Rossano sub cura Universitatis", risultava bisognosa di restauro e carente del necessario per il culto (39) , mentre l'arcivescovo nella visita del 3 ottobre 1853 "laudavit" la "cappella detta di Nazareth" (40).
La chiesa di Santa Maria di Nazareth a Vaglio si presenta oggi con facciata delimitata da un tetto a spiovente sovrastato da un piccolo campanile risalente alla fine del Seicento. Due portali, uno retto da un arco a tutto sesto e un altro a forma liscia e rettangolare, entrambi sovrastati da finestre, danno accesso sul versante ovest rispettivamente alla cappella di San Donato e a quella di Santa Maria di Nazareth. La porta seicentesca che dava accesso sul versante nord alla casa del fraticello o inserviente risulta ormai murata. In corrispondenza delle due cappelle sono, sul versante est, le rispettive absidi, di cui una poggiante su uno sperone di roccia. Sul versante sud un'abitazione privata fiancheggia la chiesa.
I lavori di consolidamento e restauro delle chiese di Vaglio di Basilicata soggette a Nazareth hanno fatto riemergere dall'oblio la storia e l'importanza del patrimonio achitettonico, artistico e religioso custodito sia nell'attuale santuario di Santa Maria di Rossano sia nella chiesa di Santa Maria di Nazareth. I documenti storici evidenziano che nell'antico territorio di Cancellara era già presente e attiva nel 1257 la Chiesa di Santa Maria de Ursana sottoposta agli arcivescovi di Nazareth, in quel momento a San Giovanni d'Acri (l'antica Tolemaide). Transitata quella chiesa in terra Balii, Santa Maria di Rossano risulta nel 1659 "badia" soggetta agli arcivescovi di Nazareth.
All'interno della chiesa di San Donato è documentata invece, nel 1544, l'esistenza di una cappella dedicata a Santa Maria di Nazareth. Per essere una cappella è probabile che avesse un officiante e dei proventi consolidati, che gli aderenti alla Confraternita di Santa Maria Nazarena utilizzarono per far eseguire nel 1553 lavori di restauro e abbellimento in quella chiesa soggetta alla diocesi "intercisa" barlettana, come le relazioni successive degli arcivescovi acheruntini attestano.
Le testimonianze d'arte custodite nelle chiese di Vaglio soggette a Nazareth sono destinate a chiarire ed aggiungere, sotto il profilo storico, ulteriori elementi riferiti alla vita e al culto in quegli edifici sacri.
Dal punto di vista architettonico l'elemento più antico dell'attuale santuario di Santa Maria di Rossano è costituito dall'abside risalente agli inizi del XIV secolo, mentre la statua della Madonna costruita con malta e pietre può essere datata tra la fine del secolo XV e gli inizi del XVI secolo, epoca a cui sembrano risalire anche le statue di San Donato e di Santa Maria di Nazareth, della stessa fattura, pur tra rifacimenti e ridipinture di periodi diversi tra cui, ultimi, quelli di fine Ottocento-inizi del Novecento.
La prima fase dei restauri eseguiti all'interno dell'attuale chiesa di San Donato ha fatto emergere, tra lo scialbo dei colori, quelle "imagines sanctorum parietibus depictas" annotate nella relazione (maggio 1544) dell'arcivescovo Giovanni Michele Saraceno, ricoperte nel 1755 per ordine dell'arcivescovo acheruntino Antonio Ludovico Antinori.
Le pitture murali più antiche, emerse sul versante nord della cappella absidata di San Donato rinviano alla seconda metà del XIV secolo-inizi del XV secolo, epoca a cui potrebbe risalire la costruzione della omonima chiesa.
Sulla parete del versante nord della cappella di San Donato, all'interno di una doppia cornice delimitata all'esterno da una linea rossa puntinata di bianco e da una linea bianca all'interno con fasce bianche e rosse, l'ignoto affreschista ha inteso dare prospettiva ad una nicchia entro cui emerge il volto di un santo vescovo contornato da un'aureola dorata cerchiata di rosso con puntini bianchi. Reca sul capo la mitra a fasce dorate e sul fondo blu scuro l'anagramma "ED" che ci sembra rinvii all'immagine di San Donato vescovo. Tra lo scialbo e successive ridipinture compaiono i frammenti della pianeta e la parte terminale del pastorale.
Sulla parete destra dell'arco divisorio interno sono invece i lacerti di una figura che sembra rinviare ad una Madonna in trono con il Bambino, databile allo stesso periodo.
Degli affreschi presenti sull'emiciclo dell'abside della chiesa di San Donato sono rimasti soltanto due volti di santi aureolati che volgono in direzione opposta sullo sfondo di un drappo rosso e sembrano fiancheggiati da qualche altra figura. I modi pittorici rinviano ad una esecuzione che è possibile datare tra la fine del sec. XV e gli inizi del sec. XVI, periodo che si può assegnare anche all'affresco presente sulla parete sinistra dell'arco divisorio interno che raffigura "Sanctus Sabinus", patrono di Gravina, come identificato dalla scritta che scorre sulla cornice. Figura leggermente ruotata, aureolata, barba bianca e canuta, benedice rivolto agli astanti con sguardo suadente e penetrante, il mantello di colore rosso trattenuto all'altezza del petto da uno spillone dorato. Regge il baculo episcopale i cui contorni dileguano tra lo scialbo.
Agli inizi del sec. XV ci sembra possa risalire, invece, il disegno inciso poi affrescato a mano libera, che compare in alto sulla parete che contiene l'abside della cappella di Santa Maria di Nazareth nel cui emiciclo sono tra lo scialbo le figure ruotanti dei dodici apostoli fra filatteri e scritte solo in parte leggibili, che compaiono anche in basso ai bordi della parete destra dell'abside.
Sulla parete sinistra in alto la scritta "...MARIA GRATIA P(LENA)..." individua al lato la figura incisa e poi affrescata dell'Arcangelo Gabriele di cui si intravede appena il volto e parte delle ali, mentre sulla parete destra in basso la scritta "ECCE AGNVS DEI ECCE..." rinvia ad una ormai scomparsa raffigurazione di San Giovanni Battista.
Nella calotta dell'abside, separata da una larga fascia di trabeazione nel cui emiciclo si affollano gli apostoli, compaiono su un lato i frammenti residui di un manto da cui fuoriesce una mano che poggia sul globo terrestre rinviando alla figura dell'Eterno, sull'altro quelli di una tunica rossa sotto cui emerge un piede. Sottendono la figura del Cristo, fra nubi, angeli e cherubini svolazzanti che sicuramente facevano corona alla figura centrale raffigurante l'Incoronazione della Vergine, ormai persa, secondo un modulo figurativo che rinvia alla seconda metà del sec. XVI, quando la Confraternita di Santa Maria Nazarena fece eseguire lavori di riattazione e abbellimento della chiesa. Anche sull'arco dell'abside emergono altre figure, forse di epoca successiva. Pitture murali risalenti nel loro impianto ad un modello figurativo pienamente cinquecentesco compaiono, inoltre, sul piedritto est dell'arco divisorio interno, sulla parete dell'arco che ricade nella cappella di Santa Maria di Nazareth e sulla parete nord della chiesa, pur tra ridipinture, queste ultime a tempera, di fine Settecento-inizi Ottocento.
Sulla parete destra dell'abside della cappella di San Donato sono anche la raffigurazione di una Pietà e di una Maddalena che abbraccia la croce, entrambe a tempera, eseguite da un ignoto pittore locale dalla stereotipata figurazione popolare. Forse furono quelle pitture indecenti a indurre l'arcivescovo Antinori a far "diluire e imbianchire", al di là di quanto ormai coperto e distrutto dalle ancóne lignee, che avevano già occultato le pitture murali più antiche. Le statue erano state disposte su nuovi altari (San Donato) o inglobate nelle nuove nicchie dell'ancóna (Santa Maria di Rossano e Santa Maria di Nazareth).
Quelle ancóne costruite da valenti maestranze locali sono state oggi rimosse dalle rispettive chiese, per dar nuovo spazio e respiro alla storia più antica.
Non per questo la peculiarità del patrimonio artistico proveniente da quelle chiese, così come la storia del culto e della devozione popolare a Vaglio risultano meno interessanti.
Ad esempio, la tela su tavola datata 1587 raffigurante la Sacra Famiglia con San Giovannino, opera attribuita a Costantino Stabile (41) , inizialmente collocata nella parte centrale dell'ancóna lignea posta dietro l'altare di San Donato, potrebbe essere stata commissionata dai "venerabili confratelli di Santa Maria Nazarena". Fu, invece, il giovane rettore della Confraternita del SS. Sacramento e della Madonna di Pietà, don Clemente Catalano minor, a commissionare e finanziare l'ancóna lignea (42) che ospitava, nella nicchia centrale, la statua di Santa Maria di Nazareth. Ma dai restauri ancora in atto (43) c'è da aspettarsi ulteriori scoperte, che andranno ad arricchire, rendendola più affascinante, la composita storia religiosa e territoriale di uno dei centri più antichi dell'Alta Valle del Basento.


Note:
1) La prima crociata (1095-1099) promossa dal papa Urbano II (1088-1099) si concluse con la presa di Gerusalemme e la creazione di diversi stati cristiani in Oriente. La seconda crociata (1147-1149) venne indetta dal pontefice Eugenio III (1145-1153) dopo la riconquista di Edessa da parte dei musulmani. Predicata dal cistercense Bernardo da Chiaravalle fu condotta dall'imperatore Corrado III (1093-1152) e dal re di Francia Luigi VII (1121-1180).
2) Federico II (1194-1250) aveva sposato nel 1225 Isabella di Brienne, figlia di Giovanni di Brienne e di Maria di Monferrato. Gli portò in dote la corona di Gerusalemme. Morta ad Andria, ovvero a Castelmonte, nel dare alla luce Corrado, Federico II si autoproclamò, durante la crociata, re di Gerusalemme. L'imperatore normanno-svevo, pur scomunicato dal papa Gregorio IX (1227-1241) aveva intrapreso la sesta crociata (1228-1229), conclusa il 10 febbraio 1229 con un accordo che prevedeva la consegna per dieci anni, dietro pagamento, di Gerusalemme, Betlemme, Nazareth, del porto di Sidone e di altre tre zone costiere.
3) F. NITTI, Le pergamene di Barletta. Archivio Capitolare (897-1285), Bari 1914, p. 359 n. 279; p. 360, n. 280. Cfr. inoltre T. PEDIO, Cartulario della Basilicata (476-1443), Appia 2 Editrice, Venosa 1988, vol. I, p. 285. Cfr. anche G. LETTINI, Cronotassi dei vescovi e degli arcivescovi acheruntini, in P. BELLI D'ELIA, C. GELAO, La cattedrale di Acerenza. Mille anni di storia, ed. Osanna, Venosa 1999, pp. 332-341.
4) Rationes decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV, Apulia Lucania Calabria, a cura di Domenico Vendola, Citt‹ del Vaticano 1939, p. 162. Cfr. anche T. PEDIO, Cartulario, cit, vol. III, p. 39.
5) AA.VV., Cronotassi, iconografia e araldica dell'episcopato pugliese, Regione Puglia 1988, pp. 253-254.
6) Codice diplomatico di Barletta edito a cura di Salvatore Santeramo, Barletta 1924-1962. Voll. I-IV. Vol. II, p. 317, n. 282. Cfr. infine T. PEDIO, Cartulario, cit., vol. II, p.109.
7) Già l'11 dicembre 1424 il papa Martino V (1417-1431) aveva soppresso la sede vescovile di Canne e deciso la sua unione alla sede arcivescovile di Trani, ma ciò poi non avvenne. Soltanto nel 1455 la sede di Canne fu unita all'archidiocesi di Nazareth, con sede a Barletta, dove peraltro i vescovi cannensi si erano trasferiti agli inizi del XIV secolo essendo quella terra ormai disabitata. L'unione di quella diocesi a Nazareth venne confermata anche dalle bolle del 3 luglio 1521 del pontefice Leone X (1513-1521) e del 3 novembre 1534 del papa Paolo III (1534-1549).
8) Codice Diplomatico Barlettano, vol. IV, p. 122. Cfr. inoltre, Il bastone del pellegrino attraverso i santuari cristiani della Basilicata, a cura di Valeria Verrastro, Altrimedia edizioni, Matera, 2000, pp. 271-273.
9) G. BRESC BAUTIER, Les possessions des "glises de Terre Sainte en Italie du Sud, in AA.VV. Roberto Guiscardo e il suo tempo, ed. Dedalo, Bari 1991 (r), pp. 13-34.
10) Codice diplomatico Barlettano, vol. VII, pp. 150, 153.
11) ARCHIVIO CURIA ARCIVESCOVILE DI ACERENZA, Inventario di tutti i beni mobili ed immobili posseduti dalla Mensa Arcivescovile, dai Capitoli, Clero, Confraternite et Cappella di Acerenza, Matera ed Archidiocesi Acheruntina compilato in S. Visita nell'anno 1543 per ordine dell'Arcivescovo Cardinale Saraceno, cc. 299v/300r (Vaglio 31 maggio 1544). Cfr. trascrizione Acerenza e Matera. La visita pastorale nella diocesi. 1543-1544, a cura di padre Antonio Grillo, ed. Il Borghetto, Lavello 1996;
R.CAMMAROTA, PADRE A. GRILLO, Vaglio. Terra Balii, Il Borghetto, Rionero in Vulture 1996, pp. 44, 46.
12) Così l'epigrafe: "HOC OPVS F(IERI) F(ECERVNT) VENERABILES CONFRATRES SANTE MARIE NAZARENE. 1553".
13) F. BERNARDI, I frati minori cappuccini di Puglia e di Basilicata (1530-1716) a cura di Tommaso Pedio, Grafica Rossi, Bari 1985, pp. 100-101. Per la raccolta dei fondi a favore di Nazareth e per la nomina dei procuratori per la raccolta delle entrate, cfr. Codice Diplomatico Barlettano, vol. IX, pp. 193, 429.
14) La nuova cattedrale venne consacrata a Santa Maria di Nazareth il 4 novembre 1571, poco dopo la vittoria di Lepanto sulle forze musulmane.
15) Il papa si rivolse al vescovo di Anglona-Tursi, poichè a quella data la sede episcopale di Marsico risultava vacante. Per i vescovi della diocesi di Anglona-Tursi cfr. R. BRUNO, Storia di Tursi, ed. Policarpo, Ginosa 1977; G. STIGLIANO, La diocesi di Anglona e Tursi attraverso le Relationes ad limina apostolorum, Quaderni della Biblioteca Provinciale di Matera, 5, Bmg, Matera 1989.
16) ARCHIVIO DI STATO DI POTENZA, Materiali per un codice diplomatico della Basilicata. Venosa, Saponara, Armento, a cura di Valeria Verrastro, edizioni Ermes, Potenza 1991, p. 83 n. 20.
17) Ringraziamo per la squisita disponibilità e l'utile scambio di idee padre Antonio Grillo. Con lui auspichiamo che si ponga mano con celerità al riordino totale dell'Archivio Diocesano di Acerenza, preziosa ed insostituibile fonte per una compiuta storia religiosa e sociale di quell'arcidiocesi.
18) R. CAMMAROTA, PADRE A. GRILLO, Vaglio, cit., p. 53.
19) ARCHIVIO DIOCESANO ACERENZA (d'ora in poi ADA), Cart. 1, Terra Balii, 1650. S.a Visitatio habita ab archiepiscopo Joa. Baptista Spinola.
20) Ivi, Cart. I, Terra Balii 5 maggio 1659.
21) Ivi, Cart. I. La lettera dell'arciprete di Cancellara, don Giuseppe Milo, risulta acclusa nel fascicolo della visita del 24 aprile 1659 alla Terra di Cancellara.
22) Ivi, Cart. I. Terra Balii. Visita del 13 maggio 1662 alla chiesa di Santa Maria di Nazareth.
23) Ivi, Cart. II. Terra Balii. Visita del 3 maggio 1670 alla chiesa di S. Maria di Nazareth.
24) R. CAMMAROTA, PADRE A. GRILLO, Vaglio, cit., p. 122.
25) ADA, Cart. II. Decreto connesso alla visita pastorale dell'8 maggio 1676 alla chiesa di Santa Maria di Rossano.
26) Ivi, Cart. III, Visita del 7 aprile 1696 a S. Maria di Rossano.
27) Ivi, Cart. IV, Visite del 30 maggio 1708 e del 4 giugno 1718 a Santa Maria di Rossano.
28) Ivi, Busta. Clero e parrocchia. Inventaria bonorum patrimonialium, sacrocum paramentorum, et librorum, que presentatur ab ecclesiis hius terrae Balii in actu S.tae Visitationis sb die 24 mensis junii 1726.
29) Furono arcivescovi di Nazareth nel periodo 1696-1726: Domenico Folgori (dal 7 febbraio 1695 al 24 luglio 1706); Giulio Piazza (dal 13 settembre 1706 al 21 luglio 1710); Geronimo Mattei (dall'1 ottobre 1710 al 21 novembre 1712); sede vacante dal 1712 al 1717; Salvatore Miraballo (dal 20 dicembre 1717 al 22 marzo 1726); Giovanni Crist. Bianchi (dall'8 aprile 1726 al 15 aprile 1726).
30) PADRE A. GRILLO, Terra Petragallae, Finiguerra Arti Grafiche, Lavello, 1998, pp. 135-136. Lo studioso di Acerenza, già missionario in Guinea, riepiloga nel testo anche la storia dell'archidiocesi di Nazareth, collegandola, ovviamente, alle ricerche su Vaglio.
31) R. CAMMAROTA, PADRE A. GRILLO, Vaglio, cit., pp. 57-66.
32) ADA, Cart. VI. Visita a Santa Maria di Rossano del 5 maggio 1739.
33) Ivi, Cart. VI, Visita a S. Maria di Rossano del 1750.
34) R. CAMMAROTA, PADRE A. GRILLO, Vaglio, cit., pp. 68-100.
35) ADA, Cart VIII. Visita a Santa Maria di Rossano del 3 giugno 1759; Cart. IX. Visita a Santa Maria di Rossano del 3 maggio 1768.
36) F. GIANNONE, Memorie storiche. Statuti e consuetudini dell'antica terra di Oppido in Basilicata, Libreria editrice W. Casari, Testaferrata (Sa), 1971, pp. 159-178.
37) R. CAMMAROTA, PADRE A. GRILLO, Vaglio, cit., pp. 102-103.
38) Annuario Pontificio 2000, Città del Vaticano, 2000.
39) ADA, Relatio Status materialis et formalis Acheruntina Archidiocesis ad Sacrum Concilii Congregationem ab. Antonio Di Macco Archiepiscopus Acheruntino et Materanensi confecta. Anno 1839.
40) R. CAMMAROTA, PADRE A. GRILLO, Vaglio, cit., pp. 110.
41) A. MIRAGLIA, Antonio Stabile. Un pittore lucano nell'età della Controriforma, Casa editrice Il Salice, Potenza 1992, p. 76.
42) La scritta lungo e sotto i plinti "SUMPTIBVS/ RECTORE R.D./ CLEM.e/ V.s CAPPELLAE S.S./ SACRAMEN/TI" e la data "1730") che compare sull'ordine inferiore del postergale documentano la data di esecuzione dell'ancona lignea e la committenza.
43) La prima fase del restauro condotto dalla Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici della Basilicata (Matera), ha comportato lo smontaggio degli altari e delle ancone lignee di San Donato e Santa Maria di Nazareth e il preconsolidamento dell'intonaco con fissaggio provvisorio. Auspichiamo che quanto prima si provveda al definitivo recupero del prezioso patrimonio artistico di quell'antica chiesa soggetta alla mensa di Nazareth.

tratto da "BASILICATA REGIONE" Notizie, 2001

Autore: C. Colella - G. Settembrino

 

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